Capo Posillipo, Città Metropolitana di Napoli, Italia
Il solito giro, costa costa, fino a Villa Roseberry… Sembra ringiovanito Palazzo Medina, visto dalla barca, sull’azzurro fresco del cielo, Nemmeno un palazzo pare più: è una roccia di tufo, forata al centro da tre file di archi, sensibile ai fermenti delle stagioni. Per esempio quei cespugli di fiori gialli come saranno capitati su quel cornicione? Ha resistito trecent’anni alla furia del mare, chissà se resisterà al lavorio speculativo-edilizio dell’ingegner Cutella. Per ora l’ingegnere opera nascosto, dall’interno, come il verme nella mela, che fuori sembra quella di prima e dentro è guasta. Qualche segno però si nota, anche dall’esterno, un muretto di rinforzo, una ringhierina stonata, un balconcino abusivo. Segni ancora discreti, fin troppo anzi in una città dove insomma il vandalo non teme scandalo, I pochi scogli appena affioranti dall’acqua, davanti al palazzo, adesso sono stati rinforzati, è sorta cosi una solida scogliera di protezione, un baluardo. Questo rovina un po’ l’effetto. Prima il mare lambiva le mura di tufo, si ingolfava e sfogava nelle grotte sotto le fondamenta, ora invece il palazzo non sembra più sorgere dall’acqua. Un pezzo della banchina se lo portò via una mareggiata, un bel pezzo, e le travi di ferro del pontile sono ancora contorte, divelte, rosse di ruggine che si sfalda a scaglie. Dalla terrazza nelle giornate d’acqua chiara, vedevo il fondo come una carta geografica, le chiame e gli scogli, sotto, erano isole o continenti. Ora qualche isola è scomparsa, la carta geografica che avevo stampata in testa è mutata. Succede sempre così quando mettono una scogliera, il fondo s’insabbia.
Posillipo non è più verde… case da ogni parte. Alle spalle del palazzo, in alto, una lunga fila di costruzioni tutte uguali che si contendono la vista del mare, spacca a mezza costa la collina. Nuove case per nuovi ricchi. Chi ha fatto i soldi pretende di essere edificato dalla sua porzione di panorama, si rivolge dunque all’impresa e l’impresa edifica. Un colpo qua uno là: lo stanno riducendo male questo famoso panorama.
Le ville sul mare per fortuna sono rimaste intatte. Sì, si nota una intensificazione di stabilimenti balneari che diramano propaggini di palafitte su ogni scogliera e spiaggia, dovunque è possibile, ma questo si verifica solo d’estate. Palazzo Medina, per esempio, è stretto da due stabilimenti in costante espansione a destra e a sinistra, e la scogliera viene utilizzata da nuove generazioni di palafitticoli. Villa Martinelli è scomparsa, rasa al suolo dal piccone. Sorgeva bianca sopra la spiaggia, assurda come una torta nuziale capitata per caso li. Il piccone ha stabilito che lo stile della villa non si confaceva al mare, e dunque allo stesso posto ora sorge un finto-Capri più confacente. Villa Peirce sempre abbandonata e silenziosa non custodisce più segreti. Il porticciolo dietro gli scogli neri, dove una volta correvano i cefali nell’acqua bassa, è quasi del tutto insabbiato. Le case nella piccola rada di Villa Marino ancora mandano sullo specchio del mare lunghi riflessi di vele, ma non sembrano più cercare riparo sotto la verde ascella del promontorio. Sono aumentate di numero e c’è un piccolo villaggio al posto dei tre o quattro dadi bianchi sperduti sull’arco della spiaggia. Dalla strada arrivano le macchine, e al cantiere gli autocarri vanno a caricare i motoscafi. La punta di Capo Posillipo, lì, vicina, non è più il punto di riferimento, Pausilypon, una tregua al dolore, verde Testa di Coccodrillo dormente affiorante sul mare, col trattino nero del molo puntato su Capri a chiudere il cerchio perfetto del golfo…
Ma il cielo? Il cielo, intatto, inalterabile, è sempre una gioia immensa, lontana, struggente, che ti sovrasta e che non puoi condividere.