Via Reggia di Portici, 1221, 80142 Napoli, NA, Italia
Una delle cose da vedere a Napoli, dopo le visite regolamentari agli Scavi, alla Zolfatara, e, ove ne rimanga tempo, al Cratere, è il III e IV Granili, nella zona costiera che lega il porto ai primi sobborghi vesuviani. È un edificio della lunghezza di circa trecento metri, largo da quindici a venti, alto molto di più. L’aspetto […] è quello di una collina o una calva montagna, invasa dalle termiti, […].
Anticamente, le mura erano di un rosso cupo, che ancora emerge, qua e là, fra vaste macchie di giallo e ditate di un equivoco verde. Ho potuto contare centosettantaquattro aperture sulla sola facciata, […] la più parte sbarrate, […]. Ogni corridoio è illuminato da non oltre ventotto lampade, della forza di cinque candele ciascuna.
La larghezza di ogni corridoio va da sette a otto metri, la parola corridoio vale quindi a designare, più che altro, quattro strade di una qualunque zona cittadina, sopraelevate come i piani di un autobus, e prive affatto di cielo. Soprattutto per il pianoterra e i due piani superiori, la luce del sole è rappresentata da quelle ventotto lampade elettriche, che qui brillano debolmente sia la notte che il giorno. […]
Il numero complessivo degli abitanti della Casa è di tremila persone, divise in cinquecentosettanta famiglie, […] Quando tre, quattro o cinque famiglie convivono nello stesso locale, si raggiunge una densità di venticinque o trenta abitanti per vano.
Il III e IV Granili, uno dei fenomeni più suggestivi di un mondo, come l’Italia Meridionale, morto al tempo che avanza, va quindi, più che scoperto in ingenue cifre da questo o quell’oscuro cronista, visitato accuratamente, in tutte le sue deformità e gli assurdi orrori, da gruppi di economisti, di giuristi, di medici. Apposite commissioni potrebbero recarvisi […] Perché il III e IV Granili non è solo ciò che si può chiamare una temporanea sistemazione di senzatetto, ma piuttosto la dimostrazione, in termini clinici e giuridici, della caduta di una razza. Secondo la più discreta delle deduzioni, solo una compagine umana profondamente malata potrebbe tollerare, come Napoli tollera, senza turbarsi, la putrefazione di un suo membro, ché questo, e non altro, è il segno sotto il quale vive e germina l’istituzione dei Granili.
Cercare a Napoli una Napoli infima, dopo aver visitato la caserma borbonica, non viene più in mente a nessuno. Qui, i barometri non segnano più nessun grado, le bussole impazziscono. Gli uomini che vi vengono incontro non possono farvi nessun male: larve di una vita in cui esistettero il vento e il sole, di questi beni non serbano quasi ricordo. Strisciano o si arrampicano o vacillano, ecco il loro modo di muoversi. Parlano molto poco, non sono più napoletani, né nessun’altra cosa. Una commissione di sacerdoti e studiosi americani, che oltrepassò arditamente, giorni or sono, la soglia di quella malinconica Casa, tornò presto indietro, con discorsi e sguardi incoerenti.